Derivati, dieci inchieste a Bologna
Assistiti dai loro avvocati, hanno scritto alla Procura di Bologna denunciando di essere stati truffati dalle proprie banche. Istituti di credito italiani che gli hanno venduto derivati (i prodotti finanziari ad alto rischio già finiti nel mirino di altre procure) rivelatisi, scrivono, il peggiore degli investimenti possibili, causandogli così perdite di denaro enormi. Fino a 4 milioni di euro: è questa la presunta truffa più grossa di cui si stanno occupando i pm. Complessivamente gli esposti sui derivati arrivati in piazza Trento e Trieste sono una decina. Tutti firmati da privati — risparmiatori e imprenditori — che denunciano di essere stati raggirati dalle banche attraverso questo particolare prodotto di ingegneria finanziaria. Alcuni fascicoli hanno già degli indagati tra funzionari di banca, promotori e consulenti finanziari. La maggior parte di queste indagini sono in mano al pm Cieri, uno dei membri del gruppo di magistrati che si occupa di reati finanziari. Il pm ha ricevuto il primo fascicolo circa un anno fa, poi sono arrivati gli altri. L’ultimo in ordine di tempo è quello presentato dall’avvocato Guido Magnisi tre giorni fa: il suo cliente ha perso una somma di tutto rispetto a causa delle operazioni put, una particolare forma di derivato. Ultimamente gli esposti su questo specifico tipo di truffa sono aumentati: colpa della crisi globale, sostengono gli esperti, che, tra le tante cose, ha causato il fallimento di colossi bancari come Lehman Brothers cui molti derivati erano legati. Così, in tanti si sono trovati con i conti «sotto» di parecchie migliaia di euro: più grande l’investimento, maggiore la perdita. A Bologna, il record l’ha raggiunto un privato con 4 milioni di euro che si sono volatilizzati. Per i responsabili di questa situazione i pm bolognesi ipotizzano, oltre alla truffa, reati previsti dal testo unico delle leggi sulla finanza, come l’appropriazione indebita, l’intermediazione abusiva e l’aggiottaggio. A Bologna — divesamente da Milano, dove il Comune è parte lesa nell’inchiesta che ieri ha portato al sequestro preventivo della sede della banca Jp Morgan e di conti di Deutsche Bank, Depfa Bank e Ubs — non ci sono enti pubblici vittime di questo prodotto finanziario diventato di moda un paio di anni fa. Lo hanno accertato le verifiche della Procura che, nell’autunno del 2007, dopo che la trasmissione Report denunciò l’utilizzo improprio dei derivati da parte di numerosi enti pubblici, avviò uno screening chiedendo a ciascuna istituzione bolognese se avesse fatto investimenti di questo tipo. L’allora capo della Procura Enrico Di Nicola (che lavorò a questi accertamenti insieme al pm Cieri) verificò che solo la Provincia ne aveva fatti, ma non furono rilevati profili di illecito. Da quel momento sono passati quasi due anni. A livello di enti pubblici nulla è cambiato, ma in compenso si sono fatti vivi i privati caduti nella rete dei derivati. Dieci, al momento. Persone facoltose che sostengono di essere state raggirate dalle loro banche. Mentre i risparmiatori meno facoltosi che scommettendo sui derivati hanno perso cifre più modeste si sono rivolti ad associazioni che tutelano i clienti delle banche, come l’Adusbef e l’Adiconsum, intentando cause civili nella speranza di essere risarciti almeno in parte, come hanno fatto i risparmiatori finiti sul lastrico per i bond Cirio e Parlamat, più tardi per quelli argentini e, di recente, per i titoli Lehman Brothers.
Amelia Esposito
amelia.esposito@rcs.it
29 aprile 2009
Fonte:http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2009/29-aprile-2009/derivati-dieci-inchieste-bologna-1501306157271.shtml